Come trasformare il «mostro» in un cliente fedele e soddisfatto

Sono passati trent’anni da quando Alberto Galgano, caposcuola della qualità totale in Italia, propose in un fortunato volume edito per Il Sole24Ore la metafora del mostro per raccontare e rappresentare il cliente, le sue abitudini, i suoi scopi, le sue destrezze. Esigente, accanito, invadente, trasformista, un po’ vendicativo, il cliente di Galgano si finge competente per conquistare pezzi di territorio, è convinto di avere un problema che nessun altro ha (e pretende quindi soluzioni personalizzate), non guarda in faccia a nessuno e, come tutti i mostri delle favole, è pronto a strangolarci se riterrà le nostre risposte poco soddisfacenti. A dispetto del tempo trascorso (un’era geologica, se si guarda al technological change), l’archetipo del cliente di Galgano è tutt’ora valido: anzi, web e social media ne hanno enfatizzato la spietatezza. Ma rimane valido altresì il percorso che Galgano indicò per ammansirlo e farne il nostro più vigoroso e influente alleato: al cliente, disse l’ingegnere fiorentino, serve dare il massimo ascolto e la sensazione, concreta e misurabile, di essere al centro dei nostri pensieri. Al cliente, in altre parole, serve dare amore.

Una rivoluzione copernicana

È questa, senz’altro, la sfida più grande di fronte alla quale si trova oggi Tpl Fvg. Monopolista per definizione, amministrato a lungo dalle municipalità (almeno fino alla legge di riordino delle autonomie locali del 1990), il trasporto pubblico in Italia è stato tradizionalmente uno dei settori più scarsamente inclini all’innovazione e al dialogo con la clientela: che fossero i territori a doversi piegare alle esigenze del servizio (e non viceversa) è stata, per decenni, un’idea tenacemente radicata nelle aziende. La rivoluzione digitale, la maggiore attenzione alla sostenibilità (ambientale, economica e sociale), e il conseguente diverso approccio delle stazioni appaltanti, hanno profondamente trasformato il comparto. L’offerta tecnica con cui il consorzio friulano si è aggiudicato nel 2020 la gestione del servizio in regione ribalta, letteralmente, il vecchio modello (caratterizzato - piaccia o no - da quella che Sergio Bini, dell’Università Lumsa, ha definito «autoreferenzialità padronale»), indirizzando una parte importante dei propri sforzi e investimenti all’innovazione tecnologica e al rapporto con la clientela. I numeri mostrano, con aritmetica asciuttezza, quanto sia grande il bisogno di ascolto e quanto il trasporto pubblico locale faccia parte della quotidianità delle persone: nel 2023 Tpl Fvg ha gestito complessivamente più di 112 mila contatti (circa 300 al giorno, festivi compresi), il 19% in più del 2022. Le telefonate sono state 72 mila, la mail 8.600, le conversazioni in chat quasi 25 mila, i reclami 2.600 (ovvero il 2,3% del totale).

Soddisfare le aspettative

I numeri dicono tutto? Solo in parte. Più che sui numeri infatti (determinanti, va da sé, per riconfigurare il modello organizzativo e gli strumenti delle relazioni con il territorio), il task che nei prossimi anni richiederà il maggiore impegno da parte di Tpl Fvg è senza dubbio quello ambientale e culturale. Antonino Busacca, esperto di customer strategy, ha definito quella che stiamo vivendo «era del cliente», ritenendo che la soddisfazione del cliente sia la prima e vera ragione di vita di tutte le organizzazioni: «Un’organizzazione che voglia essere e mantenersi competitiva» nota Sergio Bini «deve pensare, progettare e garantire prodotti e servizi che rispondono totalmente alle aspettative della clientela (...). Una volta adottato il cliente come elemento motore delle attività quotidiane, la piena soddisfazione delle sue attese finisce per diventare la ragione stessa dell'esistenza dell'organizzazione». In sintesi, aggiunge l’ingegnere vastese, la qualità è il risultato di un modo attivo di lavorare, vivere e comportarsi: chi lavora per una organizzazione, a tutti i livelli, deve avere la consapevolezza che il corretto operare di ciascuno porta vantaggi per tutti, mentre la scarsa professionalità e il modesto coinvolgimento hanno conseguenze negative non solo sulla soddisfazione del cliente, ma anche sui costi operativi e sui risultati economici.

In un settore strategico come quello del trasporto pubblico - e in una regione come il Friuli Venezia Giulia che ha significativi tassi di utilizzo del servizio (a Trieste è fra i più alti d’Italia) - ritenere che per misurare la qualità ci si possa basare sulla sola puntualità dei mezzi o sulla capillarità dei collegamenti sarebbe un errore capitale. Il cittadino medio, nella contemporaneità digitale, ha assimilato la cultura del prodotto (e del servizio) a zero-difetti: che gli autobus debbano essere puntuali, che non debbano inquinare né guastarsi lungo il tragitto, che debbano collegare il posto dove si vive con quello dove si studia o si lavora, che gli orari debbano essere correttamente comunicati sono dati acquisiti e che la clientela tende a dare per scontati. Gli spazi per il vero salto di qualità riguardano pertanto le componenti intangibili del servizio, legate all'immagine aziendale o al comportamento del personale che in vari modi si relaziona con la clientela: dai conducenti al call center, dai verificatori agli operatori di biglietteria. Nota ancora Bini che il personale di front-line deve avere la capacità di convincere il cliente che si sta davvero lavorando per lui e solo per lui, senza pregiudizi, senza slanci emotivi e sapendo chiedere scusa quando serve farlo. Un’indagine dell’American Society for Quality Control ha mostrato che per il 67% degli intervistati la qualità di un servizio è determinata dal comportamento e dalle attitudini del personale, mentre prezzo e puntualità non raggiungono il 15 per cento. Tra i comportamenti e le attitudini, la cortesia è di gran lunga al primo posto. Parsu A. Parasuraman, dell’Università di Miami, alla cortesia aggiunge l’affidabilità, la tempestività, la competenza, la credibilità e la capacità di comunicare trasparentemente e con chiarezza, anche (e soprattutto) quando il cliente ha torto o rivendica un diritto che non ha. D’altronde è questo - cos’altro? - l’amore professato da Galgano. Ecco perché la sfida è prima di tutto ambientale e culturale: perché quando un cliente acquista un biglietto o un abbonamento, insieme con il viaggio acquista anche la cortesia dei conducenti, la professionalità dei verificatori, la competenza degli operatori del call center. Amazon ci ha insegnato che ogni cliente può (e deve) essere trattato come se fosse l’unico.

La fabbrica nera

Su questi principi, sull’ascolto e sulla soddisfazione dei clienti, sulla definizione di obiettivi coerenti e sull’ossessione per la raccolta e la misurazione di dati e conoscenze si basano sia le norme internazionali della serie ISO 9000 e sia la norma EN 13816:2002 sul trasporto pubblico di passeggeri. L’obiettivo, in tutti i casi, è evitare che nelle dinamiche aziendali prevalga quella che Fabrizio Colonna, in un libro di qualche anno fa, definì la «fabbrica nera», ovvero un sottobosco di cattive abitudini (a volte ignorato e difficilmente decifrabile) che assorbe risorse, produce disvalore e riduce i livelli di soddisfazione della clientela.

Contrastare la fabbrica nera è un percorso lungo e tortuoso, perché cambiare abitudini non è mai facile. Ma, come spiegava Franco d’Egidio, un altro dei grandi maestri italiani della qualità, bisogna cambiare prima che sia necessario farlo: dopo è troppo tardi. Se saremo in grado di anticipare i tempi, di fare di Tpl Fvg una piccola Amazon del trasporto pubblico locale, trasformeremo allora il mostro di Galgano in un principe azzurro, e i reclamanti arrabbiati in clienti fedeli. E i clienti fedeli, come dimostra la letteratura, sono i migliori e più potenti strumenti di marketing per qualunque impresa e attività.

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