Conducente, figlia d’arte, in Trieste Trasporti dal 2002, Alessandra Leone è la prima donna in azienda ad avere avuto accesso alla guida dei cosiddetti bilici (gli autobus snodati da 18 metri), sui quali presta tutt’ora servizio. «Nel nostro mestiere - dice - la capacità di gestire in modo equilibrato eventuali imprevisti conta molto. E le donne lo sanno mediamente fare meglio dei colleghi uomini».
Alessandra, che cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo dei trasporti?
«Mio padre era camionista e quando ero piccolissima lo vedevo alla guida di quegli enormi mezzi. Spesso viaggiavo con lui, e così quel mondo ha finito per coinvolgermi, appassionarmi, al punto da convincermi che quella sarebbe stata anche la mia professione. Dopo aver conseguito le patenti e la carta di qualificazione, alla prima occasione utile ho partecipato al concorso per entrare in Trieste Trasporti e oggi eccomi qui».
Il nostro è un servizio essenziale per moltissime persone, soprattutto in una città come Trieste dove l’età media è piuttosto elevata.
«Sì, ne sono consapevole e mi fa sempre molto piacere quando la clientela si complimenta con me per come guido oppure, simpaticamente, mi ringrazia per il passaggio. Nel corso degli anni ho avuto modo di conoscere molte persone, di ascoltare voci, testimonianze, esperienze, aneddoti. Ricordo un’anziana signora, un’ex insegnante di scuola elementare, che mi raccontò di essere stata tranviera durante la seconda guerra mondiale, quando gli uomini erano per lo più impegnati al fronte e le donne sopperivano alle esigenze della famiglia, dell’economia, dei territori».
Come è cambiato il mestiere del conducente dopo gli anni della pandemia?
«Non più di tanto, in verità. Mediamente, quello che si nota è un maggiore rispetto delle regole da parte dei passeggeri».
La tua linea preferita e quella più impegnativa?
«La linea che preferisco è senza dubbio la 36, perché ha un tragitto panoramico e rilassante e in genere accompagna al mare persone che sono tendenzialmente serene, tranquille. Tra le linee più impegnative scelgo invece la numero 1, perché attraversa rioni molto affollati dove il traffico è intenso, per cui è necessario guidare in modo ancora più scrupoloso e attento».
Come sono i rapporti fra colleghi?
«Il nostro è un lavoro che ha poche pause e tempi di riposo piuttosto stretti, quindi al di là di un veloce scambio di battute o di un caffè al volo, instaurare rapporti di amicizia non è così facile né frequente».
Mediamente lo stile di guida delle donne è più apprezzato rispetto a quello degli uomini: è un tema che ricorre spesso nelle segnalazioni della clientela e che per altro è emerso anche dall’ultima indagine di customer satisfaction. Te lo sai spiegare?
«È probabile che le donne siano per loro stessa natura più tranquille e pazienti: credo che nel nostro mestiere la capacità di gestire in modo equilibrato i clienti più difficili, o eventuali imprevisti, che in strada sono sempre possibili, conti molto. E le donne sanno mediamente farlo meglio dei colleghi uomini».
Qual è la domanda più frequente che ti viene rivolta dalla clientela?
«Non ho dubbi: “A che ora la parti?”. Le persone ce lo chiedono anche quando conoscono l’orario di partenza meglio di noi conducenti».
Un appello ai clienti.
«Occorre fare uno sforzo per capire che l’autista fa ogni giorno del proprio meglio per garantire un servizio adeguato e puntale, ma come in tutti i lavori, anche nel nostro ci sono gli imprevisti, il traffico o mille altre variabili che non sempre si possono controllare, e che a volte hanno la meglio sulla professionalità e sulla buona volontà di ciascuno di noi. Serve pazienza. Pazienza e un po’ di empatia».
Un appello agli autisti più giovani.
«Fate tesoro dell’esperienza altrui: il nostro è un lavoro complesso e dai colleghi c’è sempre qualcosa da imparare. È quello che dicevano a me i conducenti anziani quando arrivai in Trieste Trasporti ed è quello che oggi ripeto ai colleghi più giovani. Guidate con serietà e consapevolezza: siamo al servizio della città e far viaggiare le persone il più serenamente possibile deve essere il nostro obiettivo e la nostra priorità».
Il ricordo più bello e quello meno piacevole da quando sei in azienda.
«Comincio dal primo che risale a qualche anno fa. Era estate ed ero in servizio sulla linea 9. Giunta all’altezza di piazza dell’Unità, aprii le porte e, mentre le persone salivano e scendevano, mi cadde lo sguardo su una coppia di sposini che stava attraversando la strada con il fotografo al seguito. Sembravano diretti al molo Audace e invece, un secondo dopo, me li ritrovai sorridenti in vettura con il fotografo impegnato a scattare fotografie con la complicità degli altri passeggeri. Alla fermata successiva, lui aiutò la sposa a scendere e anche in quel caso il fotografo li ritrasse. Fu un momento emozionante. A bordo, delle anziane signore definirono quella scena romantica una foto da romanzo d’altri tempi».
Il ricordo più brutto, invece?
«Accadde sempre sulla linea 9, vicino al Salone degli Incanti. Era una giornata di agosto, era l’ora di pranzo e c’era poco traffico. A bordo strada, vicino a un semaforo, noto un uomo che teneva a mano la sua bicicletta ed era intento a osservare i palazzi dalla parte opposta della strada. Senza preavviso, l’uomo inizia ad attraversare con il rosso. Freno e sterzo all’improvviso per tentare di schivarlo ma non ci riesco. L’uomo va a sbattere contro la carrozzeria dell’autobus. Lo vedo girare su se stesso e rovinare sul marciapiede. Per fortuna le ferite furono lievi. Ciò che mi impressionò è che una ruota della bicicletta finì schiacciata sotto l’autobus. Andò bene, ma sarebbe bastato nulla perché il finale fosse diverso».
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