Perché innovare i trasporti significa sviluppare il territorio

Che cosa significa innovare in un’azienda che fa trasporto pubblico locale? La domanda non è capziosa né retorica: a lungo il comparto ha operato in Italia in regime di monopolio e i monopoli, con poche eccezioni, non favoriscono il cambiamento né la sostenibilità economica. Si aggiunga, a questo, la modesta attitudine alla comunicazione del settore, sia perché comunicare i trasporti non è e non è mai stato facile e sia - in un perimetro più esteso - per l’idea, in passato piuttosto diffusa, che dovessero essere gli utenti ad adeguarsi alla configurazione dei servizi pubblici e non piuttosto questi ultimi alle modificazioni sociali, demografiche e territoriali della domanda. Il risultato di questa dinamica è che, sebbene la mobilità sia oggi uno degli ambiti industriali dove si concentrano i maggiori investimenti in ricerca, creatività e sviluppo, in Italia il trasporto pubblico è costretto per lo più a rincorrere.

Sia chiaro: da chi per mestiere conduce autobus o tram, non ci si aspetta che diventi Uber o BlaBlaCar. Ma è altrettanto rischioso abdicare a una visione di futuro quando, in una ventina di paesi del mondo, già circolano su strade pubbliche minibus a guida autonoma e molte città stanno investendo risorse importanti su piattaforme di mobility as a service di ultima generazione, dove sono integrati una pluralità di servizi (dai treni ai bus, dal bike sharing ai parcheggi, dalla logistica al demand responsive transport). Trieste è un’isola felice: in qualunque punto della città ci si trovi e facendo un giro su se stessi, si vede almeno un autobus nel raggio di qualche centinaio di metri. Nelle ore di punta e nelle zone più centrali, se ne possono contare anche una decina. Il servizio di Trieste Trasporti è uno dei più capillari d’Italia: 271 mezzi percorrono ogni anno più di 13 milioni di chilometri e trasportano oltre 60 milioni di passeggeri, coprendo il territorio con più di 5.500 corse al giorno e una fermata ogni 250 metri. Anche la dotazione tecnologica è di qualità: tutti i mezzi  (4,5 anni l’età media) sono dotati di pedane per persone con disabilità, sistemi di interfacciamento e dialogo con i bastoni bianchi delle persone non vedenti, videosorveglianza collegata con le sale operative delle forze di polizia, contapasseggeri, monitor informativi, dispositivi per l'acquisto di biglietti a bordo con carta di credito o bancomat e Wi-Fi.

Sono dati sufficienti, questi, per sostenere la capacità innovativa dell’azienda? Senz’altro sì.

Ma questo non significa che fare innovazione, stare sulla frontiera, non possa e non debba richiedere qualche sforzo ulteriore. Uno sforzo che, prima di tutto, dev’essere di consapevolezza. Il trasporto pubblico locale è oggi uno degli elementi più distintivi e maggiormente percepiti di un territorio: contribuisce a migliorare la qualità della vita, a rendere accessibili le aree periferiche, a formare abitudini e modelli sociali e culturali. Una periferia poco collegata è una periferia che degrada più facilmente, una città scarsamente servita è una città dove è più difficile studiare, produrre, divertirsi. La correlazione fra trasporti efficienti e attrattività delle aree metropolitane è solida e dimostrata: anche l’Unione Europea ne fa frequentemente cenno nei propri documenti di programmazione.

Fare trasporto pubblico negli anni Duemila è dunque partecipare allo sviluppo dei territori: non più, non solo, collegare A con B, ma interpretare le trasformazioni delle città e saperle accompagnare. È avere la consapevolezza di essere uno degli elementi capitali, essenziali per la riuscita delle politiche di crescita locali e regionali. Quando scuola, cultura, sicurezza, sanità, lavoro e turismo funzionano, è anche perché funziona il trasporto pubblico. A Trieste, dove ogni persona fa in media più di 250 viaggi all’anno sui mezzi di Trieste Trasporti, ci sono pochi altri luoghi più frequentati degli autobus. Ecco dunque che fare innovazione non può prescindere dal rapporto con la clientela e con le dinamiche della domanda.

Ascoltare il territorio, confrontarsi con esso, saperne leggere i cambiamenti e i fabbisogni, analizzare e usare correttamente i dati dei contapasseggeri (che sono una straordinaria miniera di informazioni sulle abitudini della città) è ciò che davvero può fare la differenza fra un buon servizio e un ottimo servizio, fra tradizione e frontiera. È in questa direzione che Trieste Trasporti e il consorzio Tpl Fvg si stanno muovendo. Per le aziende della regione sarà una delle sfide più belle e impegnative.

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